Parliamo ora di un nodo molto utile per le costruzioni, chiamato in questo caso paletto, il cui appellativo più generico è nodo parlato. Viene chiamato anche nodo barcaiolo in alpinismo, o clove hitch in marina. Il nodo è antico ma ha ricevuto un nome solo nel 1800 grazie alla Marina Inglese.
È un nodo di avvolgimento, che quindi necessita di un perno o di un altro sostegno per poter essere eseguito (da qui il nome di paletto). È rapido da eseguire, non rovina la corda ed ha un’ottima tenuta alla tensione, se il nodo è opportunamente disposto sul sostegno. In alpinismo viene usato per fissare la corda al moschettone, in nautica per fissare una cima ad un ormeggio, in campismo per fissare una corda ad un paletto.
Per fare un nodo parlato si può procedere in due maniere. La più rapida è con il metodo a otto: si eseguono due asole identiche, una di fianco all’altra, sempre sul corrente (fig. A) e si porta avanti l’asola rimasta sotto. Nelle asole così sovrapposte si inserisce il perno su cui si vuole applicare il nodo (fig. B). Il secondo è il metodo a girare: si fa un giro attorno al sostegno, facendo passare la corda sopra il dormiente, dopodichè si esegue un secondo giro facendo questa volta passare il corrente sotto al dormiente e facendo correre il corrente parallelamente alla corda libera. (fig. C).
È possibile in inserire nel nodo un’asola (fig. D) fatta nel secondo occhiello del metodo a girare: tirando il corrente il nodo si scioglie molto facilmente. Risulta utile quando la corda esercita troppo attrito sul sostegno o quando si dovesse scogliere il nodo su un’installazione ad un’altezza troppo elevata. In questa caso il nodo viene anche chiamato nodo del fuggitivo.
Un altro nodo molto caro sia agli alpinisti che ai marinai, è la gassa d’amante, anche detta semplicemente gassa, cappio del bombardiere o nodo di Bulin (da cui bolina). Non si conosce il popolo inventore di questo nodo, ma si sa che le sue origini si perdono nell’antichità: si dice che il nodo fosse presente sulla barca solare del faraone Cheope, a prova che il nodo era usualmente usato nella nautica antica.
La gassa ha la stessa struttura di un nodo rete ma si differenzia per il tipo di tensione, determinata dall’asola. Con un nodo di base così forte, la gassa risulta molto resistente e non scorre. Si presta quindi come nodo di sicurezza o salvamento, o per creare asole solide che non assucchino e quindi fissare oggetti o fissarsi agli alberi. In alpinismo trova largo impego in molte manovre d’arrampicata, ma sempre accompagnato ad un nodo d’arresto, in quanto se non opportunamente eseguito presenta il rischio di scioglimento.
Per eseguire una gassa bisogna per prima cosa costruire un’asola sul dormiente (fig. A), dopodichè si passa il corrente dentro l’asola, da sotto, si gira attorno al dormiente libero e si fa rientrare nell’asola (fig. B). Bisogna fare attenzione al giro che si effettua con il corrente: conviene farlo passare prima esternamente, ovvero a destra del dormiente, poiché ha una maggiore tenuta del suo opposto, in figura C.
La gassa appare difficile da costruire perché, spesso, si ha la necessità di costruirla al rovescio, cioè posti all’esterno dell’asola, dalla parte del dormiente libero. Si parte quindi un un mezzo collo attorno al dormiente (fig.D) e si tira il corrente, così da avere l’asola dormiente attorno al nostro corrente. Ora si fa passare il corrente sotto il dormiente libero e lo si reinfila dentro l’asola (fig. E) ed otteniamo la gassa.