Il Valore della Memoria

preparati-a-servireIl roboante frastuono che ancora oggi riecheggia nelle notti insonni dei pochi superstiti, scalfito nelle loro menti come nel marmo, tragicamente inamovibile. L’assordante rumore dell’onda d’urto, che ancor prima dell’acqua rase al suolo il paese, con una potenza che, accelerata dal passaggio nello stretto canyon, si ritiene paragonabile ad una volta e mezza quella della bomba di Hiroshima.

La luna piena, chiara, splendente, che come una faro voluto da Dio illuminava la notte silente, rischiarava la devastazione di un paese letteralmente sterminato, ma che dava un barlume di speranza nella ricerca dei pochi sopravissuti, lacerati dal dolore delle ferite, sommersi  dai detriti, ma miracolosamente vivi.

Il campanile, quello della chiesa di Pirago, che contro ogni logica ingegneristica era ancora la, saldamente ancorato al suolo, come il dito di una mano che, puntato verso l’alto, indicava le stelle, il cielo, la nuova casa delle migliaia di anime che quella notte avevano abbandonato i loro corpi, sin troppo prematuramente, ma con il sollievo che ora, la dall’alto, avrebbero vegliato e alleviato le sofferenze dei superstiti.

Questi sono gli unici ricordi che emergono dalle poche testimonianze dei sopravvissuti a quella tragica notte del 9 ottobre 1963, quando alle ore 22.39 un’onda di una portata d’acqua di 50 milioni di metri cubi sovrastava la diga del Vajont di oltre 70 metri per atterrare inesorabile sull’abitato di Longarone, lasciando il nulla dopo di essa.

Quest’estate, invitato al campo mobile del nostro Clan, ho avuto la fortuna di partecipare ad una visita guidata alla diga del Vajont. Decine di volte avevo frequentato quella valle magica, immersa tra le Dolomiti Friulane e così ricca di flora e fauna da essere protetta come patrimonio dell’Unesco. Non avevo, però, mai assistito ad una visita della diga tenuta dagli Informatori della Memoria. Un gruppo di giovani e meno giovani delle pro loco valligiane, che nel loro sito internet si descrivono così: gruppo di volontari, superstiti della tragedia e giovani del dopo Vajont, che con passione e spirito di servizio dedicano il loro tempo libero per trasmettere la Memoria dell’evento.  La loro nascita è stata una risposta importante della società locale all’evidente esigenza collettiva di conoscere in maniera onesta, obiettiva e pulita, la storia di un disastro industriale senza nasconderne cause e responsabilità e salvaguardando, nel contempo, le vicende umane.

Posso dire con certezza che ogni qualvolta ritornerò in quei luoghi lo farò con un religioso rispetto, tanto ho appreso da quelle due ore di visita. Un’immersione profonda nella storia della tragedia, una capacità lodevole della nostra guida di trasmetterci tanto dolore, tanta sofferenza, ma anche tanto coraggio e tanta voglia di riscatto. Certo nella vita si può morire per eventi tragici, ma quando capisci che tante morti potevano essere evitate capisci anche che certi errori assurdi della nostra storia non devono essere assolutamente dimenticati. Tutti noi dobbiamo avere il coraggio di ricordare e testimoniare affinché eventi come quello del Vajont non debbano più accadere, affinché la vita umana sia sempre messa al primo posto e non possa essere mai considerata “sacrificabile” per un “bene maggiore”, mai, in nome di nulla.

Una parte del discorso della nostra guida mi ha colpito particolarmente, forse perché mi ha realmente fatto capire la portato di quell’evento catastrofico, molto più di certi racconti di morte e distruzione. Nel valligiano, da Erto e Casso fino a Longarone, non esistono distinzioni temporali tradizionali, non si sente mai parlare di anni ’70 o anni ’80 o anni ’90 ma esistono solamente due epoche storiche: il prima Vajont ed  il dopo Vajont. Credo che ciò lasci adito a poche discussioni sulla portata devastante che quell’ evento ha lasciato nella mente e nei cuori di coloro che l’hanno vissuto.

Inoltre, preparando una chiacchierata per il Clan sul servizio Scout al Vajont, ho avuto l’occasione di approfondire la conoscenza sul fondamentale e tempestivo intervento degli Scout. Persino la nostra guida, durante la visita, aveva ricordato e lodato l’intervento degli Scout. Ora, per non dilungarmi troppo nel discorso, ma soprattutto per farvi capire ciò che lo scoutismo fece in quell’occasione vi riporto un estratto dal libro “Preparati a Servire”: Ciò che fecero i Rover nei primi giorni dopo la tragedia si potè definire epico e scandaloso allo stesso tempo. Epico per l’importanza dei servizi svolti e scandaloso per il fatto che la maggior parte dei rover presenti erano sedicenni ignari ed impreparati. Certo fu che quell’ottobre del ’63 fu un passaggio fondamentale nel roverismo italiano, per la prima volta ci si rese conto che quello spirito di servizio teorizzato e formalizzato nelle norme associative diventa qualcosa di concreto, di adulto, di serio, di fondamentale per i ragazzi, per l’associazione e per l’intera società. Non sembra esagerato dire che in quell’occasione il roverismo italiano diede forma al paletto del servizio del treppiede rover.

Vi invito caldamente a leggere questo libro, scritto in occasione del 50° della tragedia del Vajont, dove viene trattato propria il tema dell’intervento Scout al Vajont, attraverso foto, racconti, testimonianze e riflessioni su come quell’evento abbia anche cambiato la storia dello scoutismo italiano.

Parlare, scrivere, leggere sul Vajont, sono tutti modi per conoscere la nostra storia di italiani e la nostra storia di Scout. Conoscere vuol dire anche non dimenticare: ecco, questa deve essere la nostra testimonianza.

Buon Volo, Buona Caccia, Buona Strada

firma

Author: Francesco Guzzon

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